Il colon irritabile può influenzare la nostra quotidianità. Quale dieta può migliorarne i sintomi?
- Renata Cipriano
- 10 apr 2021
- Tempo di lettura: 4 min

Che cos’è la Sindrome dell’Intestino Irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS)?
Attualmente si stima che 1 persona su 10 soffra della Sindrome dell’Intestino Irritabile (il cosiddetto “colon irritabile”) e il sesso più colpito è quello femminile. La Sindrome dell’Intestino Irritabile è generalmente caratterizzata da distensione e gonfiore addominale associati a disturbi della defecazione:
variazioni della frequenza di evacuazione
variazioni dell’aspetto/forma delle feci
miglioramento o peggioramento dei sintomi intestinali in seguito all'espulsione delle feci
A seconda del tipo di sintomo predominante (costipazione o diarrea) si possono distinguere :
IBS di tipo costipativo
IBS di tipo diarroico
IBS di tipo misto (con alternanza tra diarrea e costipazione)
Esiste anche un sottotipo di IBS nel quale rientrano soggetti con abitudini intestinali che non possono essere inserite in questi 3 gruppi.
Le forme più severe di IBS possono compromettere notevolmente la qualità di vita della persona impattando sulle sue attività quotidiane (lavoro, socialità, viaggi..) e sulle relazioni con familiari, partner, amici..
Questa sindrome ha una causa di tipo multifattoriale e non precisamente chiarita. Diverse condizioni possono avere un ruolo nella sua genesi:
anomalie della motilità intestinale (ovvero nel transito intestinale)
infezioni intestinali
fattori psicologici (ansia-stress-depressione)
alterata comunicazione asse cervello-intestino
alterato microbiota intestinale
fattori di tipo genetico.
La diagnosi di IBS va effettuata da un medico (gastroenterologo) dopo aver escluso la presenza di altre condizioni organiche che condividono la stessa sintomatologia di questo disturbo (endometriosi, celiachia, malattia infiammatoria intestinale (IBD) ecc..).
Esistono interventi nutrizionali per migliorarne i sintomi?
Negli ultimi anni molti studi si sono concentrati nel valutare l’efficacia di interventi dietetici con l'obiettivo di ridurre i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile. In particolare i ricercatori della Monash University (a Melbourne) hanno proposto un protocollo che prende il nome di “low FODMAP diet” (dieta a basso contenuto di FODMAP).
E’ stato visto che la dieta low FODMAP può :
Ridurre il gonfiore e la distensione
Migliorare l’alvo intestinale (migliora la diarrea e la stipsi)
Migliorare la qualità della vita
Questo protocollo nutrizionale non è in grado di curare i sintomi ma di migliorarli, migliorando al contempo la qualità della vita della persona.
Le evidenze raccolte hanno mostrato che il miglioramento dei sintomi si manifesta in 3 persone su 4 e portano oggi a considerare questo protocollo come trattamento di prima linea nella gestione delle persone con diagnosi di Sindrome dell’Intestino Irritabile.
Cosa sono i “FODMAPs”?
Il termine FODMAP è un acronimo che sta per Fermentable Oligo-, Di- and Mono- saccharides And Polyols, cioè mono- di- oligo- saccaridi e polioli fermentabili. Si tratta di un gruppo di carboidrati che comprende fruttosio, lattosio, fruttani, galattani e polioli come lo xylitolo, il sorbitolo e il mannitolo.
Questi carboidrati di piccole dimensioni sono scarsamente assorbiti dall'intestino determinando un richiamo di acqua nel lume intestinale; vengono inoltre rapidamente fermentati dai batteri del colon con produzione di gas. Il risultato di questi processi fisiologici nei soggetti particolarmente sensibili sono: gonfiore, distensione e dolore addominale.
Sono diversi gli alimenti da cui è possibile assumere questa tipologia di carboidrati: verdura, frutta, pane e cereali, legumi, frutta secca, latticini, dolcificanti e condimenti.. Ma attenzione! Li ritroviamo anche “nascosti” nelle etichette nutrizionali di alimenti apparentemente innocui. Inoltre il contenuto di FODMAPs negli alimenti può variare in base a diversi fattori (clima, conservazione, maturazione..).
In generale però, grazie agli studi condotti sulla composizione in FODMAPs degli alimenti, è possibile identificare: alimenti “a basso contenuto di FODMAP” e alimenti “ad alto contenuto di FODMAP”.
In cosa consiste una dieta “Low FODMAP”?
Questo protocollo nutrizionale si articolo in 3 fasi :
Nella prima fase viene ridotto al minimo l’apporto di FODMAP, andando ad eliminare dalla dieta i cosiddetti cibi “ad alto contenuto di FODMAP” (o inserendone porzioni molto ridotte) che vengono sostituiti con quelli “a basso contenuto di FODMAP”. Questa fase iniziale dura circa 3-6 settimane e appena il soggetto sperimenta un miglioramento dei sintomi è possibile passare alla seconda fase.
Nella seconda fase è prevista la reintroduzione, di settimana in settimana, degli alimenti precedentemente eliminati, per testare la soglia di tolleranza del soggetto ai singoli FODMAPs. La durata di questa fase è estremamente variabile, in quanto strettamente legata al grado di restrizione messa in atto nella prima fase.
Nella terza fase si passa a delineare il piano alimentare che il soggetto seguirà in maniera autonoma e a lungo termine. Nel piano compariranno anche i cibi tollerati secondo le frequenze e le porzioni sperimentate nella seconda fase, rendendolo estremamente personalizzato. Lo scopo di questa ultima fase è di rendere il regime nutrizionale della persona il meno restrittivo possibile ma facendo in modo che i sintomi siano gestiti al meglio secondo le tolleranze testate.
E’ importante sottolineare l’importanza di affidarsi a un professionista della nutrizione (Biologo Nutrizionista, Dietologo, Dietista) se si decide di intraprendere un protocollo nutrizionale di questo tipo. In quanto, in particolare nella fase di restrizione, è indispensabile garantire l’adeguatezza nutrizionale per non compromettere l’apporto di nutrienti importanti. Potrebbero inoltre, in specifici casi, essere proposti integrazioni al piano dietetico: per esempio l’uso di probiotici o di fibre.
Ma è sempre necessario un protocollo di tipo “Low FODMAP”?
In buona parte delle persone con diagnosi di IBS, in particolare per coloro che non hanno una compromissione della qualità della vita, un intervento mirato alla modifica dello stile di vita risulta sufficiente per gestire la sintomatologia. In questi casi basterà quindi attuare norme dietetiche generali e un corretto stile di vita:
seguire una dieta regolare, con 3 pasti principali e spuntini, evitando pasti troppo abbondanti e distanziati tra loro
evitare di mettersi a letto subito dopo cena
mangiare con calma, senza guardare la televisione o avere altre distrazioni e masticare lentamente.
ridurre l’assunzione di fibre insolubili, e anche alcool, caffeina, cibi speziati e grassi;
evitare l’uso di dolcificanti
svolgere attività fisica regolare e mantenere una buona idratazione
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